Figlio di un anarchico e socialista lui stesso, Titta Ruffo era cognato di Giacomo Matteotti e quando il parlamentare fu ucciso nel ’24 lui per protesta non cantò più in Italia.
Mussolini, che lo considerava una vera spina nel fianco per la grande notorietà che aveva all’estero, dopo averlo fatto incarcerare tentò più volte di convincerlo ad assumere un atteggiamento meno intransigente nei confronti del regime, ma Titta Ruffo rispose sempre di no. Fu mandato al confino e poi si rifugiò in Francia per sfuggire a una nuova cattura. La sua voce si sentì di nuovo in Italia dopo il 25 luglio del ’43 quando a Firenze, dopo l’arresto di Mussolini, cantò per strada “La Marsigliese” radunando sui lungarni una folla entusiasta.
Nel dopoguerra fu candidato per il Fronte Popolare e rappresentò l’Italia al congresso mondiale dei Partigiani della Pace insieme a Pietro Nenni, Elio Vittorini, Renato Guttuso, Salvatore Quasimodo, Natalia Ginzburg e Giulio Einaudi. Fra i delegati provenienti da tutto il mondo c’erano Pablo Picasso, che aveva disegnato il manifesto del congresso (la famosa ‘Colomba della Pace’), il premio Nobel Frederic Joliot-Curie, George Amado, Henry Matisse, Ilja Ehrenburg, Pablo Neruda, Albert Einstein.
I successi di Titta Ruffo nei principali teatri italiani e stranieri – dalla Scala al Metropolitan di New York, dall’Opera di Roma fino a Colòn di Buenos Aires che fu chiamato a inaugurare nel 1908 con una memorabile edizione di Amleto di Thomas – sono entrati nella leggenda. Oggi molte sue incisioni di brani d’opera appaiono su You Tube e hanno migliaia di visitatori che lasciano commenti entusiastici in tutte le lingue.
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