Oggi, quel che ci appare della Sicilia, è il volto di un’antica madre, solcato dalle rughe del tempo, invecchiato e rigato da lacrime di dolore per i suoi figli perduti, stretto in una morsa di rimpianto per tutto quello che si poteva fare, ma non si è compiuto e la cui bellezza altera neanche il tempo riesce a scalfire perché riemerge dalle sue profonde rughe, distende i suoi tratti ed esplode nonostante i mille pensieri e tormenti, come due occhi profondi in un volto stanco non nascondono l’anima di chi li possiede.
Di questa Sicilia tormentata, gli occhi sono in ogni luogo che ne ha fatta la storia e che ne dispiegano la naturale beltà della fanciullezza ormai passata. Ogni vetusto luogo trasmette una soave poesia che catapulta il visitatore in un mondo che fu, ora straziandolo di una lancinante nostalgia, ora cullandolo in una pace lontana dal trambusto del traffico cittadino, ormai piaga di ogni posto toccato dalla modernità capitalista.
Un tuffo nella Sicilia greca riporta assai lontano nel tempo alla bellezza perduta, nel bel mezzo della Valle dei Templi, dove gli aranciati colori, i mandorlati odori e la vastità del paesaggio fanno dimenticare tutte le pene e i pensieri.
Il colore dei templi e della terra intorno non può che assimilarsi a quegli occhi che tradiscono la personalità, ed esso decanta al cielo e al sole che la Sicilia fu ricca, un tempo, e bella ma, tragicamente, perse la sua fortuna perché i suoi figli non seppero conservarla. Figli cullati da tanta bellezza da restarne ammaliati senza crucciarsi di curarla perché essa sarebbe durata in eterno, talmente tanto era il suo splendore, e loro ne avrebbero colto i frutti senza fatica perché abbondanti grazie ad una natura molto generosa.
Così la pietra arenaria di un arancio tendente al caramello, della terra e dei templi, immersa nel sole e nel verde degli ulivi, adornata dai candidi fiori bianchi dei mandorli, spiega lo splendore di un tempo che fu alla gente rapita dalla quiete d’intorno e le colonne del Tempio di Hera, che si affaccia maestoso dalla collina, come su un precipizio sul passato, raccontano di un mondo diverso, realmente lontano nei secoli, quando la natura era perfettamente integrata con le costruzioni e queste, semplicemente, ne facevano parte.
La Valle rapisce e fa rivivere come in sogno all’aria aperta, le gesta dei greci per la conquista, la loro cultura e la grande civiltà e così la fantasia corre libera e immagina le donne vestiste di bianco, come le abbiamo sempre viste rappresentate, velate nella loro giunonica bellezza, correre per quei sentieri, posare con calma reverenziale i loro doni nel tempio, acclamare gli uomini che ritornano dalla battaglia. E ancora, immagina i greci lottare fino alla morte per le loro colonie e poi prendersi il meritato riposo dopo la battaglia, curati dalle loro donne. Questo evoca la Valle dei Templi, la pace dopo la lotta. L’immaginazione non sfiora certo la realtà della tirrania dei greci sui Sicani e le terribili morti nel toro, dei nemici o meno, del feroce tiranno di Falaride di Akragas. Questo lo racconta la storia che fin dalle sue remote origini vuole i Siciliani preda del potere degli altri, ancora cullati dalle braccia della loro splendida madre, la Sicilia. E quel sole che illumina la Valle stordendo, li fa addormentare, spossati, in un oblio che cerca sempre la quiete della bellezza.
di Isabella Cammalleri
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