L’Arte Aborigena Australiana incontra de Chirico invita il visitatore ad immaginare un ipotetico dialogo all’interno di una rappresentanza di artisti aborigeni australiani venuti a conoscere il massimo esponente dell’arte metafisica, Giorgio de Chirico, presente nella collezione permanente di questo Museo, al primo piano. Li accompagna, nelle vesti di interprete, l’artista Imants Tillers.
L’arte metafisica ravvisa delle misteriose corrispondenze tra gli oggetti e tra le diverse epoche, come se ci fossero delle forze invisibili che agiscono sul mondo. Attraverso la pittura, gli artisti aborigeni rappresentano i loro “incontri” con una poderosa realtà cosmologica, denominata il Sogno (Dreaming). In questo si riscontra un’analogia tra la loro arte e la ricerca dechirichiana di profonde realtà universali, radicate, nel suo caso, nella cultura classica del Mediterraneo. Anche de Chirico intendeva il mondo classico del mito come una sorta di Sogno. Artista profondamente interessato sia all’arte di de Chirico che all’arte Aborigena, per le implicazioni metafisiche che coinvolgono entrambe, Tillers crea delle opere d’arte perfettamente idonee a fungere da ponte tra questi contesti tanto diversi tra loro.
Nell’interrogarsi su ciò che accade quando tali artisti metafisici provenienti dai poli opposti del pianeta si incontrano attraverso l’arte, questa mostra affronta una questione cruciale nell’arte contemporanea, in quanto la globalizzazione costringe a chiederci non tanto cosa divida l’umanità ma piuttosto cosa la unisca. Per chi, come noi, crede che esista un senso cosmologico nelle relazioni che governano il mondo, la globalizzazione riveste un significato metafisico allo stesso modo in cui è considerata materia politica o economica.
Ian McLean & Erika Izett, curatori della mostra
PITTURA ABORIGENA DEL WESTERN DESERT
(DEL DESERTO OCCIDENTALE)
Spinti dal pressante desiderio di comunicare la propria visione del mondo a un pubblico più vasto, nel 1971 una ventina di artisti diedero vita al movimento della pittura del Western Desert a Papunya, una piccola comunità australiana. Destinata al mercato dell’arte, questa produzione utilizza materiali moderni – colori acrilici su tela – e presenta diverse analogie con l’arte occidentale contemporanea. E’ evidente il terreno comune dell’astrazione, ma il parallelismo più pertinente si riscontra tra quegli artisti, di diversi ambiti geografici, che reagiscono in modo simile allo choc esistenziale della modernità, radicando il loro presente, più che mai disorientato, in una realtà “altra”, associata al mito e ai sogni. Sebbene la rappresentazione figurativa abbia avuto un ruolo importante agli albori della pittura del Western Desert, quest’arte ha ben presto manifestato una tendenza all’astrattismo. In quanto appropriazioni sinestetiche dirette dei cicli di canti ancestrali, i dipinti fanno riferimento a specifiche storie e luoghi particolari che hanno anche una rilevanza contemporanea. Come il ritmo e le cadenze della musica, i motivi astratti favoriscono tanto il canto, quanto il sogno a occhi aperti e la “presenza metafisica”.
“Dreamings
Museo Carlo Bilotti – 4 luglio /2 novembre 2014
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