Presso la Galleria Lorenzelli di Milano, è in corso la mostra Gérard Schneider. L’abstrait lyrique, dove sono esposte novanta opere del periodo dal 1955 al 1970 in cui l’artista svizzero supera la sperimentazione per giungere a un’espressione artistica matura e indipendente.
Gérard Schneider nasce a Saint-Croix in Svizzera e nel 1922 decide di stabilirsi a Parigi. In un primo momento, e come molti artisti in quel periodo, si lascia trasportare dalle numerose correnti creative che animano il mare della Ville Lumière alla ricerca di una propria identità.
Nel 1938 la sua personale espressione artistica comincia a profilarsi: l’elemento naturale progressivamente si semplifica e sparisce dietro pennellate sempre più scure fino a essere escluso dalla genesi dell’opera. L’artista si concentra sulla forma geometrica e la forza del colore quando, nel 1944, raggiunge la piena autonomia artistica individuando il proprio linguaggio personale fatto solo di gesti di colore. Anche i titoli delle opere manifestano questa evoluzione, perdendo via via il ruolo descrittivo per diventare l’individuazione impersonale di un’opera d’arte, cioè Opus.
Il colore è il protagonista assoluto delle tele di Schneider: impossibile cercare un disegno, un appiglio che riconduca a qualcosa di visivamente conosciuto e di terreno. Le sue opere respirano l’aria surrealista della ionosfera, rarefatta e confinante con l’ignoto, onirica e connessa alle pieghe profonde della mente, che solletica percezioni istintive e primordiali.
Le forme affioranti sulla superficie visibile della tela rievocano un astrattismo contrario alla geometria, nessuna linea rigorosa ne traccia i confini, non sono misurabili né determinabili, ma fluttuano nella mesosfera come nuvole colorate e mutevoli.
Schneider si mimetizza tra il colore delle forme, si nasconde dietro l’Opus indeterminato che identifica i suoi lavori, ma il gesto violento, deciso, carico di passione ne rivela inequivocabilmente la presenza motrice. L’uso espressionista della materia cromatica e della gestualità energica è la formulazione della soggettività dell’artista che interviene sulla superficie pittorica seguendo la sua attitudine emozionale.
La fisicità viva e tangibile delle tele è determinata dalle vigorose pennellate che descrivono i voli acrobatici degli impeti creativi ed emotivi nel piano percettivo della stratosfera. Negli anni, come si può ben osservare nelle opere in mostra, l’artista doma la propria passione interiore fino a ottenere, nei suoi lavori della fine degli anni ’60, risultati formali di “nobile semplicità e calma grandezza” riconducibili alla scrittura orientale che in un gesto semplice, ma complesso, veloce, ma accurato racchiude la forza profonda di un significato universale.
Lo spettatore che da terra volge lo sguardo verso il cielo pittorico di Schneider, se si lascerà trasportare dall’energia dei suoi colori, si sentirà sollevare verso lo strato atmosferico più lontano dal mondo verso un assoluto artistico fatto solo di suggestioni e sensazioni.
di Maddalena Tibertelli De Pisis
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